lunedì 24 agosto 2020

LA FONTANA VERDE






Questa è la terza fontana della casa, manca la quarta che devo ancora costruire. Quando la ristrutturazione del “rudere” sarà terminata ogni componente della famiglia ne avrà una dedicata.

La pietra di questa fontana proviene dai monti del cuneese e ha una lunga storia. Fino ad una ventina di anni fa era nel letto di un torrente. Ma a causa di un guasto a un modem il destino ha voluto che diventasse una fontana.

A quei tempi mi occupavo di reti informatiche in aziende sparse sul territorio piemontese: banche, comuni, fabbriche, alberghi ecc. Un giorno feci un intervento in un piccolo albergo in provincia di Cuneo. Era una specie di rifugio in fondo a una valle, quasi al confine con la Francia.
Quando facevo interventi fuori dai centri abitati, e non potevo rientrare per pranzo, mi portavo un panino che consumavo sul posto, così feci quel giorno. 
Non ricordo bene ma doveva essere una splendida giornata perché decisi di fare pausa pranzo sulla riva di un torrente. Lasciai l'auto nelle vicinanze e andai a mangiare il panino seduto su un sasso vicino all’acqua.  Mentre mangiavo, un po' distante da me, notai qualcosa di chiaro che luccicava sopra un altro sasso. Quando terminai di mangiare avevo ancora una buona mezz'ora di tempo che avrei voluto utilizzare per sdraiarmi all'ombra e chiudere gli occhi, ascoltando la musica dell'acqua che briosa scendeva a valle. Ma prima di fare questo andai a curiosare cosa fosse quel luccichio. Era il riflesso della lama di un bellissimo coltello da pescatore, di quelli che si aprono e chiudono con una sola mano, che fermava un pezzo di carta oleata appoggiata sulla pietra. Probabilmente l'aveva dimenticato qualcuno che era stato lì a pescare.
  La pietra affiorava per metà dalla sabbia dove il torrente faceva una piccola ansa.   Spiccava da tutti gli altri sassi per il colore: un verde che con l'acqua sembrava brillante. In più, come si nota nella foto, era levigata con delle particolari venature in rilievo.
 

 Molti sanno che ho un particolare interesse per le pietre. Quella era troppo bella e non potevo certo andar via senza fare un tentativo: caricarla in macchina per ricavarne una fontana.
Provai a muoverla. Niente! Era ben ancorata nella sabbia bagnata.
Nell'auto ho sempre l'attrezzatura necessaria per tirar fuori la macchina da qualche eventuale affossamento.


Cominciai a scalzarla tutt’intorno finché iniziò a muoversi. Quando riuscii a tirarla fuori dalla sabbia, ormai avevo già sforato sull’orario di pausa, ma non potevo lasciarla lì dopo tutta la fatica. Anche se pesava circa settanta chili, la feci rotolare fino alla macchina. Ma come alzarla per caricarla?
Tra le attrezzature che avevo nel bagagliaio c’erano anche delle corde e un segaccio a doppia dentatura, che quella volta mi sono stati molto utili. Tagliai dei rami, li legai a formare una specie di zattera che usai come scivolo e, aiutandomi con un'altra corda a mo’ di carrucola legata al divisorio dell'abitacolo, la feci salire nel bagagliaio. Così arrivò nel mio garage-laboratorio.

A differenza di quello che si può pensare una pietra dura è più facile da lavorare rispetto ad una morbida perché è meno facile danneggiarla. Anche se questa è una via di mezzo fra l’arenaria e la quarzite non era molto dura e, per evitare che si spaccasse, dovetti lavorarla con molta cautela: sarebbe stata una delusione romperla dopo tutta la fatica per farla arrivare in laboratorio.
Una volta terminata per una decina di anni l’ho tenuta nascosta: volevo dedicarla a mia moglie e farle una sorpresa quando avrei avuto pronto il posto dove piazzarla. 
Come ho detto, nutro un certo interesse verso le pietre e a volte le tratto come esseri viventi.  Non credo di averle creato disagio togliendola dal torrente: nell'acqua era e nell'acqua è finita. Prima l’acqua le passava intorno adesso dentro. E a volte le procuro anche un po’ di vecchia compagnia: le appoggio sopra il coltello da pescatore così com’era nel torrente.