Per molti anni, quasi tutti i fine settimana, abbiamo lavorato coinvolgendo anche i figli. Inizialmente realizzando solo opere temporanee, per mettere in sicurezza e rendere agibile il rudere ai fini antinfortunistici.
Casetta sull'albero, per Chiara e le sue amiche. |
All'esterno una piccola veranda e delle panchette per sedersi permetteva a Chiara e alle sue amiche di giocare lassù. Intanto che io, mio figlio e mia moglie lavoravamo al rudere, per la piccola Chiara e le sue amiche era un ottimo rifugio nel quale giocaree e, a volte, pranzare, tirandosi su il cibo in un cesto legato con una cordicella.
L'antico nome della cascina. |
Una freccia, invisibile nella foto, indica il nord. |
Nostro figlio Federico, dotato di una certa precisione e molta logica, con qualche
protesta mi aiutava nei lavori. Ma si applicava molto volentieri quando
c'erano da fare lavori creativi come questi nelle foto e altri che appariranno più
avanti.
Ciò che non avevo valutato era il fatto che
ristrutturare il rudere sarebbe costato più di quanto lo avevo pagato,
terreno compreso.
Soldi da poter destinare alla ristrutturazione
non ne avevamo più, eravamo proprio all'osso. Ed ecco che, come dice il
proverbio, il bisogno aguzza l'ingegno!
Per economizzare il più
possibile pensai di realizzare buona parte degli arredi con delle
mensole di legno inserite direttamente nell'intonaco durante la fase di
squadratura delle pareti. In questo modo, oltre che economizzare, avrei dato anche un aspetto più
rustico.
Per questo scopo usai delle assi da ponteggio da quattro
metri (quelli che usano i muratori nei ponteggi), robuste e a buon
mercato, comprate in un Fai da Te dove, compreso nel prezzo, eseguono
anche i tagli di misura. Le feci stroncare delle lunghezze prestabilite e le portai da un falegname per farle piallare.
Il
falegname al quale mi rivolsi gentilmente sospese il lavoro che
stava realizzando e piallò le mie mensole. Gli diedi il compenso
richiesto, lo salutai con un sonoro ARRIVEDERCI! e andai via.
Qualche settimana dopo ritornai da lui con altre tavole.
«Come vede», gli dissi, «quell'arrivederci della volta scorsa era una promessa...»
«Deve
aspettare una buona mezzora», mi rispose vedendomi con una tavola in
mano e molte altre sul potrapacchi della macchina. « Devo prima finire
questo lavoro che ho per le mani.»
Nell'attesa mi feci un giro nei dintorni.
Quando
tornai, quasi un'ora dopo, il falegname stava terminando di piallare le
mie tavole. Soddisfatto lo pagai, lo ringraziai calorosamente e andai
via. Con quel materiale lavorai per alcuni fine settimana.
Quando,
dopo qualche tempo, ritornai con altre tavole da piallare, il falegname
mi disse che avrebbe potuto farmi il lavoro la settimana
successiva, aggiungendo dopo un po': forse!
Con quel forse! mi resi conto che un artigiano, per quanto
altruista o ben pagato, se sta realizzando un lavoro importante si
infastidisce se arriva qualcuno tutte le settimane con la richiesta di
una semplice piallatura.
Tra mensole, davanzali e inserti, esclusi i mobili, che abbiamo realizzato successivamente, ho contato in tutta la casa una settantina di pezzi. E non è ancora finita!
Quando mi resi conto che quella via non era più percorribile, per continuare i lavori dovetti trovare un'altra soluzione.
Pensai
che, tutto sommato, non era poi così difficile piallare del legno. Occorreva solo l'attrezzatura adatta. Era solo questione di far passare
più volte il legno sulla pialla fino a fargli raggiungere la finitura
desiderata. Così mi era sembrato che facesse il falegname. Ma per fare
ciò, mi sarebbe servita almeno una di quelle macchine per la lavorazione
del legno, comunemente chiamata "combinata".
Mi informai da
alcuni fornitori di utensili e appresi che costava troppo per le mie
disponibilità. Allora ripiegai su una economica pialla a spessore da
hobbistica. Una macchina che riuscisse a piallare la larghezza di
un'asse da ponte, 28 centimetri circa. Comprai anche una troncatrice e
pochi altri utensili da legno, disponibili sul mercato a prezzi
accessibilissimi.
Liberai un angolo del garage, ancora disponibile, e vi piazzai le attrezzature.
Il primo pezzo che costruii fu un banchetto da lavoro, realizzato con una cassa di legno da imballaggio, una pedana e del truciolato: materiale rigorosamente di recupero.
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