PRESENTAZIONE BLOG

PER RIFIUTARE LA SOCIETÀ DEI CONSUMI,
DOBBIAMO IMPARARE A CONSUMARE RIFIUTI

Gli anni del boom economico hanno fatto sognare, non solo ai ricchi ma anche ai poveri, un futuro che sarebbe somigliato ad una lunga festa. E in realtà la festa c'è stata, anche se non proprio per tutti. Ma, come può capitare nell'allegria collettiva, qualcuno dai festeggiamenti esce poco sobrio e dopo l'eccitazione e il giubilo per rimettersi in sesto è necessario un abbondante periodo di riposo fisico e mentale.
Quando però l'ubriacatura colpisce un intero popolo non basta solo un periodo di riposo, bisogna ripulire l'intero Paese dai rifiuti che la festa ha prodotto. Insomma bisogna ricominciare a credere in un altro sogno: dopo l'esperienza negativa dell'usa e getta sarebbe necessario puntare ad una società più equilibrata, magari più povera materialmente ma con un indice più alto di soddisfazione. Cosa non facile da attuare perché, con la pancia piena e la mente offuscata dai festeggiamenti, rimane difficile persino sognare.
Questo è quello che ci ha lasciato il boom economico: un popolo “ubriaco” di un illusorio benessere che fa fatica a ripulirsi dagli “escrementi” della festa.
La gioia, l'allegria e le promesse del benessere per tutti ci hanno portato dalla millenaria logica dell'usa e riusa finché è utilizzabile a quella dell'usa, getta e ricompra.
Questo sistema ci ha abituati a consumare il necessario, l'utile, l'inutile, il superfluo e persino il dannoso, sistema giustificato dall'industria e dalla politica, ma purtroppo condiviso anche da noi tutti. È necessario, dicevano e dicevamo, per mantenere posti di lavoro.
Questa logica non solo non ha mantenuto i posti di lavoro ma ha trasformato l'uomo da beneficiario dei frutti del proprio lavoro a strumento per accrescere i consumi. In altre parole, abbiamo costruito un sistema che, mettendo il solo profitto come supremo scopo, ha trasformato l'essere umano a servitore e macchina per produrre e consumare; inserendolo come un ingranaggio in un sistema che lo degrada, impietosamente, da fine a mezzo.
Questo decadimento non ha colpito solo chi produce ma l'intera società, compresi coloro che con il loro potere economico il sistema lo hanno pensato, progettato e attuato.
A parte qualche inebriato dal danaro che vede solo quello e non si accorge nemmeno in quale angolo della terra vive, tutti noi altri stiamo vivendo una specie di “sindrome dell'infelicità”: malattia che sarà molto lunga da curare.
Una società che persevera su questa strada farà la fine che farebbe un'automobile che continua ad aumentare la velocità di marcia: non può che andarsi a schiantare, è solo questione di tempo. Un altro esempio che si può fare è la fine che farebbe un cuoco se in mancanza di materie prime, per non rinunciare al guadagno, arrivasse a cucinare una parte del proprio corpo.
Per poter cambiare questo modo di vivere sarebbe necessario operare dei cambiamenti sostanziali. Il primo passo sarebbe quello di prendere consapevolezza che non è possibile continuare a produrre per un consumismo insostenibile; poi capire che è impossibile rovesciare in poco tempo un sistema così radicato. Quello che è possibile fare subito è convincerci di voler invertire questa tendenza. Per cominciare è necessario imparare e, dove è possibile, insegnare ad altri a consumare anche materie e oggetti ancora in buono stato, riutilizzabili o convertibili ad altro uso; in poche parole: prima di poter rifiutare la società dei consumi dobbiamo imparare a consumare rifiuti.

Penso che dovremmo convertire una parte delle nostre fatiche, non più per beni materiali ma per un “sorriso in più”; un sorriso che non duri giusto il tempo di scartare un nuovo oggetto che finirà, insieme a tanti altri, in discarica; un sorriso che porteremo con noi e per noi per lungo tempo, con il fine di contagiare altri.

... continua nel capitolo 1