Questa è la terza fontana della casa, manca la
quarta che devo ancora costruire. Quando la ristrutturazione del “rudere” sarà
terminata ogni componente della famiglia ne avrà una dedicata.
La pietra di questa fontana proviene dai monti
del cuneese e ha una lunga storia. Fino ad una ventina di anni fa era nel letto
di un torrente. Ma a causa di un guasto a un modem il destino ha voluto che
diventasse una fontana.
A
quei tempi mi occupavo di reti informatiche in aziende sparse sul territorio
piemontese: banche, comuni, fabbriche, alberghi ecc. Un giorno feci un
intervento in un piccolo albergo in provincia di Cuneo. Era una specie di
rifugio in fondo a una valle, quasi al confine con la Francia.
Quando
facevo interventi fuori dai centri abitati e non potevo rientrare per pranzo,
mi portavo un panino che consumavo sul posto, così feci quel giorno. Non
ricordo bene ma doveva essere una splendida giornata perché decisi di fare
pausa pranzo sulla riva di un torrente. Lasciai l'auto nelle vicinanze e andai
a mangiare il panino seduto su un sasso vicino all'acqua. Mentre mangiavo,
un po' distante da me, notai qualcosa di chiaro che luccicava sopra un altro
sasso. Quando terminai di mangiare avevo ancora una buona mezz'ora di
tempo che avrei voluto utilizzare per sdraiarmi all'ombra e chiudere gli occhi,
ascoltando la musica dell'acqua che briosa scendeva a valle. Ma prima di fare
questo, andai a curiosare cosa fosse quel luccichio. Era il riflesso della lama
di un bellissimo coltello da pescatore, di quelli che si aprono e chiudono con
una sola mano, che fermava un pezzo di carta oleata appoggiata sulla pietra.
Probabilmente l'aveva dimenticato qualcuno che era stato lì a pescare.
La
pietra affiorava per metà dalla sabbia, dove il torrente faceva una piccola
ansa, e spiccava fra tutti gli altri sassi per il colore: un verde che con
l'acqua sembrava brillante. In più, come si nota nella foto, era levigata con
delle particolari venature in rilievo.
Molti
sanno che ho un particolare interesse per le pietre. Quella era troppo
bella e non potevo certo andar via senza fare un tentativo: caricarla in
macchina e trasformarla in una fontana.
Provai
a muoverla. Niente! Era ben ancorata nella sabbia bagnata.
Nell'auto
ho sempre l'attrezzatura necessaria per tirar fuori la macchina da qualche
eventuale affossamento.
Cominciai a scalzarla tutt'intorno finché iniziò a
muoversi. Quando riuscii a tirarla fuori dalla sabbia, ormai avevo già sforato
sull'orario di pausa, ma non potevo lasciarla lì dopo tutta la fatica. Anche se
pesava circa settanta chili, la feci rotolare fino alla macchina. Ma come
alzarla per caricarla?
Tra
le attrezzature che avevo nel bagagliaio c’erano anche delle corde e un
segaccio a doppia dentatura, che quella volta mi sono stati molto utili.
Tagliai dei rami, li legai a formare una specie di zattera che usai
come scivolo e, aiutandomi con un'altra corda a mo’ di carrucola legata al
divisorio dell'abitacolo, la feci salire nel bagagliaio. Così arrivò nel mio garage-laboratorio.
A
differenza di quello che si può pensare, una pietra dura è più facile da
lavorare rispetto ad una morbida perché è meno facile danneggiarla. Anche se
questa è una via di mezzo fra l’arenaria e la quarzite, non era molto dura e,
per evitare che si spaccasse, dovetti lavorarla con molta cautela: sarebbe
stata una delusione romperla dopo tutta la fatica per farla arrivare in
laboratorio.
Una
volta terminata, per una decina di anni l’ho tenuta nascosta: volevo dedicarla a
mia moglie e farle una sorpresa quando avrei avuto pronto il posto dove piazzarla.
Come
ho detto, nutro un certo interesse verso le pietre e a volte le tratto come
esseri viventi. Non credo di averle
creato disagio togliendola dal torrente: nell'acqua era e nell'acqua è finita.
Prima l’acqua le passava intorno adesso dentro. E a volte le procuro anche un
po’ di vecchia compagnia: le appoggio sopra il coltello da pescatore così
com'era nel torrente.